Archeologia subacquea in Kenya: relitti e progetti

Il Kenya apre all'archeologia subacquea: scavi, missioni internazionali, progetti di musei sommersi sono i primi passi che il paese africano, finora relativamente ai margini della ricerca archeologica sottomarina mondiale, intende compiere per recuperare il proprio passato sul fondo dell'Oceano Indiano.
Nelle acque di Mombasa, Malindi, Lamu e Watamu sono già stati identificati numerosi relitti di navi di età moderna e contemporanea appartenenti alle flotte militari e mercantili di Portogallo, Germania, Gran Bretagna e India, a riprova della funzione di snodo commerciale svolta per secoli dallo stato africano. Alcuni di questi relitti sono in questo momento oggetto di indagini archeologiche da parte di un'équipe cinese che, in partnership con il Museo Nazionale di Archeologia del Kenya, intende iniziare le operazioni di scavo nel prossimo mese di novembre, con uno stanziamento di fondi dell'ordine di 3,6 milioni di euro e un dispiegamento di oltre 80 persone sul cantiere. 
Il giacimento più interessante sembra essere quello di Mambrui-Ngomeni, 20 km a nord della località turistica di Malindi, circa 600 a est della capitale Nairobi: si tratta infatti di un'imbarcazione locale affondata circa duecento anni fa, e già in parte indagata nel corso degli anni Ottanta; a poca distanza dal luogo del naufragio, poi, sarebbero stati già individuati due relitti portoghesi del XVII secolo, oltre a una nave cinese, carica di porcellane, che testimonia l'esistenza di traffici a lungo raggio nell'Oceano Indiano. 
Gli oltre 35 relitti finora localizzati lungo le coste kenyote saranno presto convertiti in veri e propri musei sottomarini: si procederà alla messa in sicurezza delle navi e all'installazione di pannelli, che faciliteranno la comprensione ai numerosissimi subacquei che già da anni frequentano il litorale di Mombasa-Malindi, attratti finora soltanto dalle meraviglie naturali della zona e si aprirà, a detta del direttore del Museo Nazionale Cesar Bita, a ulteriori collaborazioni con Università ed enti di ricerca internazionali, per aumentare la conoscenza del patrimonio sommerso e al tempo stesso per formare una nuova generazione di archeologi subacquei. 
Pur non avendo ancora ratificato la Convenzione UNESCO per il Patrimonio Culturale Sommerso, il Kenya sembra aver assimilato perfettamente le linee guida in termini di conservazione in situ e musealizzazione, cooperazione internazionale e esigenze di formazione. 



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