La redenzione del tombarolo. Sub pentito restituisce reperti trafugati in mare

Colto da improvvisa e provvidenziale redenzione, spaventato dalle conseguenze penali del suo gesto o semplicemente scoraggiato di fronte alla difficoltà di smerciare articoli 'scottanti' sul mercato nero? Non sapremo mai, probabilmente, quale è stata davvero la causa che ha spinto un sub sardo, dopo aver lungamente spolpato e saccheggiato i fondali di Posada (NU), a restituire oltre 140 reperti trafugati alla comunità.

Marmi, anfore, oggetti lavorati; cocci senza valore e materiali scolpiti; elementi di bronzo e almeno una contromarra di un'ancora: c'è un po' di tutto nel bottino di reperti archeologici di età romana che il saccheggiatore pentito ha abbandonato sotto una quercia della campagna sarda. E che ora sono sotto esame da parte dei funzionari della Soprintendenza, i quali sperano, grazie alle indicazioni dello stesso sub, di poter eseguire a breve un sopralluogo sui fondali su cui, verosimilmente, doveva essersi posato il relitto di  almeno una nave. 

Sarà una buona occasione, allora, per valutare anche i danni che l'incauto subacqueo ha arrecato a un contesto unico e prezioso; perché al di là della soddisfazione per il recupero degli oggetti, altrimenti ignoti alla comunità scientifica e sottratti a quella società civile cui spetterebbero di diritto, resta il rammarico per un'azione di recupero non autorizzato che in ogni caso avrà alterato il fragile equilibrio del sito sommerso, compromettendo per sempre una grande quantità di dati riconoscibili solo dallo studio e dalla documentazione del relitto in situ.




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